Economie di specializzazione e integrazione verticale. Confronto tra modelli organizzativi
Il dibattito tra modelli organizzativi è tutt’ora aperto. Nel sistema industriale italiano coesistono due tipi di modelli di organizzazione della produzione: da un lato troviamo le aziende che si specializzano in una fase del processo produttivo (economie di specializzazione), dall’altro troviamo aziende che, forti di maggiori capitali a loro disposizione, scelgono di realizzare internamente ai propri confini aziendali tutte le fasi del processo produttivo (integrazione verticale).
Nel primo caso la realizzazione dell’output passa attraverso una fitta rete di imprese localizzate tutte all’interno della medesima area geografica, ciascuna delle quali si concentra su una sola fase del processo produttivo: si assiste così al fenomeno tutto italiano dei Distretti Industriali. In tal senso, il concetto di Distretto Industriale nasce in contrapposizione al modello di produzione di massa che fa delle economie di scala il suo elemento pecualiare. Il Distretto Industriale attraverso una fitta rete di contatti tra imprese localizzate all’interno di una stessa area geografica, permette a ciascuna impresa facente parte dell’area distrettuale, di conseguire vantaggi economici a prescidere dalle ridotte dimensioni aziendali: ciò è reso possibile perchè ogni impresa del Distretto realizza per tutte le altre imprese una fase di lavorazione ottenendo così economie di scala anche con investimenti ridotti.
Nel caso dell’integrazione verticale, invece, i vantaggi economici che si possono conseguire consistono nel fatto che l’impresa,essendo dotata di maggiori capitali ed essendo molto gran-de in termini di numero di addetti, realizza tutte le fasi che compongono il prodotto finito internamente ai propri confini aziendali. In tal senso maggiore è la quantità di prodotti realizzati più basso sarà il costo unitario per effetto di un maggiore assorbimento dei costi fissi che vengono “spalmati” su più unità produttive. Tenere al proprio interno tutte le fasi che compongono il ciclo produttivo implica una maggiore organizzazione del sistema con una conseguente ripartizione di compiti e responsabilità, senza pensare ai notevoli investimenti in strutture, macchinari e uomini; dall’altro lato, invece, l’integrazione verticale assicura un maggior controllo sulla qualità del prodotto finito in quanto ciascuna fase viene esaminata con attenzione, mentre nel caso in cui si debbano assemblare componenti di un prodotto che sono stati realizzati esternamente da altre imprese fornitrici non è detto che il livello della qualità sia lo stesso che si otterrebbe se tale componente fosse realizzato internamente all’azienda. Una soluzione potrebbe consistere nell’affidare le fasi a minor valore aggiunto ad imprese terze e concentrare le fasi più strategiche all’interno dell’azienda; tuttavia, se l’impresa dispone dei capitali necessari, controllare tutto il processo produttivo dalle fasi a monte fino alle fasi a valle potrebbe essere la soluzione migliore.
CONCLUSIONI
In reltà non esiste un modello di produzione industriale migliore di un altro. La scelta dipenderà, dunque, dalle dimensioni, dai capitali disponibili, dal tipo di mercato in cui si opera e da altri fattori altrettanto determinanti. Se, infatti, le economie di specializzazione consentono di ottenere vantaggi per effetto del conseguimento di economie di scala relativamente ad una singola fase, il modello di impresa integrata verticalmente garantisce l’ottenimento di economie di scala relativamente all’intero processo produttivo. Nel caso delle economie di specializzazione, tuttavia, operare su un mercato in cui il numero di clienti è elevato, permette di ottenere profitti significativi anche se l’impresa realizza una sola fase di lavorazione. Pertanto se un’impresa è di piccole dimensioni e realizza un solo componente potrà ottenere maggiori profitti, oltrechè dalla vendita alle altre imprese del Distretto, anche commerciando con altri clienti italiani e stranieri. Le basse barriere all’ingresso inaspriscono la concorrenza tra aziende, in quanto ogni impresa con un apporto minimo di capitale può specializzarsi su una fase del ciclo produttivo, mentre se le barriere all’ingresso sono elevate (è il caso delle imprese integrate verticalmente), saranno poche le aziende che potranno permettersi di competere perchè i capitali necessari per avviare il processo produttivo sono elevati.
Bibliografia:
Baldin, F. (2007) “Il Distretto del Mobile del Livenza: dal dibattito sui distretti industriali all’analisi empirica attraverso la base dati Aida”. Tesi di Laurea Specialistica.