Le variabili della Logistica – le reti distributive

low angle view of slightly opened door structure

Le variabili della Logistica – le reti distributive

La gestione delle reti distributive in Logistica ha da sempre rappresentato un aspetto critico. Se, per esempio, prendessimo una cartina geografica dell’Italia e piazzassimo una bandierina su ogni magazzino che opera sul territorio potremmo avere due tipi di aziende: una che ha bandierine in tutta la Nazione e un’altra che ha una sola bandierina (piantata con ogni probabilità a Milano). Dal momento che ogni bandierina corrisponde ad un costo verrebbe da chiedersi cosa spinge un’azienda a gestire una rete distributiva polverizzata rispetto ad una concentrata.

In passato molti manuali sono stati scritti proprio con l’obiettivo di aiutare i managers che si occupano di Logistica a dimensionare la giusta rete distributiva, sia in termini di depositi, che di posizionamento degli stessi.

La teoria ci fornisce un prezioso aiuto grazie alle cosiddette curve di raffronto che ottimizzano il numero dei depositi in relazione a molti fattori per i quali il costo, di volta in volta, cresce o diminuisce (fig.1).

Fig. 1 – Curve di raffronto: il punto d’incontro tra le curve definisce il numero di depositi ottimali da inserire nella rete.

Se prendiamo in considerazione, ad esempio, i costi della manodopera, degli affitti, dell’informatica, delle scorte, ci accorgiamo che tali costi crescono con il numero dei depositi; la situazione cambia quando consideriamo i costi dei trasporti secondari e il c.d. costo commerciale (o delle vendite perse): in questi casi, infatti, notiamo che tali costi diminuiscono al crescere del numero dei depositi. Secondo tale modello, l’incrocio tra le due curve indica il numero ottimale di depositi da inserire nella rete.

Nella realtà, tuttavia, il numero ottimale di depositi è influenzato dai seguenti fattori:

  1. TEMPO CONCESSO DAL CLIENTE AL FORNITORE PER RICEVERE IL PRODOTTO (LEAD-TIME): Se il cliente vuole il prodotto nel giro di 24 ore o meno, sarà necessario posizionare un centro di scorta nelle vicinanze del cliente (percui servirebbe almeno un deposito per ogni Regione d’Italia); se il cliente è in grado di aspettare anche cinque o più giorni dall’emissione dell’ordine, allora un solo deposito in Italia potrebbe servire senza problemi ogni angolo del Paese.
  2. SETTORE DI APPARTENENZA DELL’AZIENDA PRODUTTRICE: Se si tratta di un’azienda che produce e distribuisce prodotti alimentari freschi o freschissimi (raggio breve, consegne giornaliere o quasi, prodotti che deperiscono in pochi giorni), è evidente che il numero dei depositi che compongono la rete distributiva sarà elevato; se si tratta, viceversa, di aziende che producono beni durevoli o semidurevoli sarà sufficiente tenere in Italia uno o due magazzini al massimo.
  3. IL MAGAZZINO SENZA SCORTE: I nuovi sistemi di gestione delle scorte permettono di gestire un deposito periferico con rotazioni che toccano (e superano) il valore 40, garantendo all’incirca una settimana di vendite. Ne deriva che il costo del deposito dovuto alla superficie occupata, e alle scorte in essa contenute, diminuisce sensibilmente. In questo contesto, avere un deposito in più non grava più di tanto sul bilancio dell’azienda, soprattutto se il deposito sorge nelle vicinanze di grossi clienti, oppure se la concorrenza non ha ancora un deposito in quella località.
  4. LA VELOCITA’ DI TRASMISSIONE DELLE INFORMAZIONI: Se il fornitore conoscesse il momento esatto in cui il cliente ha la necessità di essere rifornito, in quel caso sarebbero sufficienti poche scorte di sicurezza presso il cliente per consentire al fornitore di consegnare in quei 5-6 giorni invece che in 24 ore. Ciò significherebbe poter disporre di una rete di uno o due depositi, invece che una di venti-trenta.
  5. IL TERZISMO LOGISTICO: Nel disegnare la rete distributiva si deve, altresì, tenere in considerazione l’ipotesi di affidare la logistica ad un operatore terzo. Un player logistico terzo che fosse in grado di sviluppare una buona logistica per più di un’impresa, infatti, potrebbe ricavare un suo profitto, e nello stesso tempo sfruttare le sue economie di scala per praticare ai suoi clienti un prezzo più basso rispetto al caso in cui operassero da soli. In altri termini, le aziende che si apprestano a realizzare (o modificare, o migliorare) la loro rete distributiva, oggi hanno qualche elemento in più da prendere in considerazione nei loro calcoli: i depositi periferici gestiti da altri.

CONCLUSIONI

Abbiamo visto che costruire una rete distributiva può essere semplice oppure può rivelarsi un’operazione alquanto complessa; rispetto al modello delle curve di raffronto, tuttavia, abbiamo capito che occorre fare molti più calcoli, studiare molte più situazioni e confrontare tra loro molte più soluzioni. In linea di massima quando si costruisce una rete distributiva si deve procedere nel seguente modo:

  • In primo luogo si devono considerare le teorie “classiche” adattandole sui tempi operativi e gli strumenti di oggi;
  • In secondo luogo si deve considerare l’ipotesi di affidare tutta la logistica ad un unico operatore terzo a livello nazionale;
  • In terzo luogo, si deve condurre uno studio su come opera il canale, evidenziando se possibile la tendenza a fare (o meno) scorte da parte dei clienti e progettare con loro il tipo di servizio che si attenderanno in futuro.

Bibliografia:

Ferrozzi C., Shapiro R. (2006), Dalla Logistica al Supply Chain Management, ISEDI

Difrancescobaldin

Mi chiamo Francesco Baldin, ho una Laurea Specialistica in Economia Aziendale e un Master in Business Administration. Ho esperienza in ambito Amministrazione, Finanza e Controllo e Acquisti. Da Aprile 2018 sono ideatore e amministratore di un blog professionale che ha come obiettivo la condivisione di articoli, opinioni ed esperienze in ambito economico-aziendale.

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Dott. Francesco Baldin - Treviso - IT
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